Oggi si sente parlare sempre più spesso di wabi sabi, un’espressione ancora oggi poco approfondita e mal interpretata che pone le sue antiche origini nel mondo giapponese e nella visione estetica giapponese.
A questo proposito, per prima cosa è importante sottolineare che di fatto quando oggi si parla di wabi sabi si fa riferimento essenzialmente ad una visione estetica basata sulla capacità dell’uomo di accettare l’esistenza dell’imperfezione e della provvisorietà di tutte le cose.
Ecco, quindi, quali sono le principali peculiarità che attualmente contraddistinguono la visione tipica del Wabi Sabi e quali sono le origini da cui deriva effettivamente questa tipologia di visione e di estetica.
Wabi sabi: le origini di questa visione giapponese
Ancora oggi sono tantissime le interpretazioni che vengono attribuite all’espressione wabi sabi. Nella maggior parte dei casi questa espressione viene intesa come la combinazione di due termini di ordine giapponese, il cui significato è stato spesso associato a concetti assai diversi tra loro.
Il termine wabi rimanda al mondo naturale, lontano dalla società; mentre il termine Sabi sta a indicare qualcosa di freddo e appassito.
Wabi sabi: le caratteristiche principali
Questo significa quindi che, secondo la visione del wabi sabi, è necessario che l’uomo viva consapevole che le cose sono non soltanto imperfette ma anche transitorie, ovvero soggette a possibili cambiamenti nel tempo che potrebbero quindi determinare delle modifiche nel corso degli anni.
È proprio per questa visione che spesso l’espressione e la dottrina del Wabi Sabi viene associata la maggior parte delle volte alla visione, in questo caso tipicamente buddista, che caratterizza l’espressione dell’anitya. Si tratta di un concetto che rimanda alla possibilità delle persone di vedere la bellezza come un qualcosa di incompleto, impermanente e soprattutto imperfetto.